Corte Costituzionale e termine di grazia

La Corte Costituzionale, con ordinanza 410 del 14/12/01 ha, di recente, probabilmente posto la parola fine alla controversa questione relativa alla concessione del termine di grazia in ipotesi di morosità per quanto concerne le locazioni per usi non abitativi.

Prima di procedere all'esame degli orientamenti giurisprudenziali correnti fino ad oggi, è bene ricordare da cosa sia costituito il cd. "termine di grazia".

La legge 392/78 (equo canone) all'art. 55 dispone (le disposizioni sono ancora oggi in vigore), in parziale deroga agli artt. 663 e seguenti c.p.c. che, in caso di morosità persistente alla data dell'udienza, sia possibile per il conduttore non solo sanare in occasione dell'udienza stessa, ma anche chiedere un "termine di grazia" per il pagamento delle somme cadute in morosità, termine che il Giudice è tenuto a concedere per un periodo fino a tre mesi.

Senza scendere in particolari interpretativi sull'applicazione della norma (rilevanza delle spese di lite, dei canoni a scadere successivi all'udienza ecc.), il problema oggetto della pronunzia della Consulta era se la disposizione processuale della sanatoria fosse applicabile esclusivamente ai contratti ad uso abitativo o dovesse essere estesa anche ai commerciali e professionali di cui agli artt. 27 e seguenti L. 392/78.

Le Corti di merito (ancora di recente, Trib. Bassano d.G. 2/12/99 e Trib. Terni 14/12/99) hanno solitamente optato per un'interpretazione estensiva della disposizione, mentre la Cassazione, in un primo momento indecisa, prendeva una posizione restrittiva, con la Sentenza Sez. Un. n. 272 del 28/4/99, che contraddiceva quella di poco anteriore n. 4031/98, ritenendo inapplicabile la sanatoria agli "usi diversi da abitazione".

A seguito della decisione delle Sezioni Unite, avente particolare valore orientativo anche per le Corti di merito, il Tribunale di Torino ha sollevato questione di incostituzionalità dell'art. 55 L. 392/78, nella parte in cui, in maniera illogica, non consentendo al conduttore di locale non abitativo di sanare la morosità in udienza o a seguito di concessione di termine di grazia, provocava un'inammissibile disparità di trattamento tra conduttori e ciò in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

Ebbene la Corte Costituzionale, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Torino, atteso che il legislatore avrebbe legittimamente operato una scelta discrezionale, trattando in maniera differente casi effettivamente di natura diversa, avendo ritenuto l'abitazione maggiormente tutelabile, quale bene primario, che il luogo di esercizio dell'attività di un'impresa o di un professionista.

Rimane, sempre in questi casi, da chiedersi quanto i Giudici di merito possano ritenersi vincolati da questo provvedimento "interpretativo" che, di fatto, afferma la legittimità di un'interpretazione restrittiva, e ciò tenendo conto che è nei poteri della Consulta abrogare le norme illegittime, ma non anche stabilire interpretazioni vincolanti per i Giudici Ordinari.

Avv. Paolo Gatto
Consulente legale A.P.P.C.



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