Sentenza Consiglio di Stato (sez. IV) del 21.08.2006, n. 4833
" La previsione del piano regolatore recante la riserva comunale del 50% della capacità insediativa disponibile in una determinata area, configura un'atipica e surrettizia forma di esproprio quando non indica i moduli procedimentali ex lege che si intende utilizzare allo scopo, senza prevedere alcuna modalità di indennizzo, così violando il disposto dell'art. 42 della Costituzione " (Riv. Giur. Edil. 1998, I, 456)
Con una recente sentenza il Consiglio di Stato è intervenuto sulla questione concernente l'ampiezza dei poteri discrezionali riconosciuti in capo alla Pubblica Amministrazione in materia di pianificazione urbanistica, al fine di contenerne l'esercizio in vista di una corretta tutela degli interessi dei privati di fronte all'autorità territoriale.
L'occasione per l' intervento in parola si è presentata ai Giudici di Palazzo Spada a seguito di un ricorso proposto dalla Regione Veneto nei confronti dei proprietari di alcuni terreni, interessati da una determinata disposizione (art. 41 p.3 lett. c N.T.A. del P.R.G.), e finalizzato all'annullamento della sentenza n. 1356 del 30.08.1997, con cui il TAR Veneto (I sez.) si era pronunciato al riguardo.
Il dispositivo impugnato in appello dalla Pubblica Amministrazione, infatti, aveva accolto il ricorso avanzato dai privati proprietari delle aree in contestazione e, di conseguenza, annullato la deliberazione della Giunta Regionale del 15.05.1995, con cui l'Amministrazione aveva proceduto all'approvazione, con modifiche apportate d'ufficio, del Piano Regolatore Generale del Comune di Bassano del Grappa (Vicenza), luogo in cui erano situati i terreni dei ricorrenti.
Tali modifiche concernevano esclusivamente l'art. 41 p. 3 lett. c delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale del Comune in questione e stabilivano, per le zone interessate, che una quota del 50% della capacità insediativa totale sarebbe stata riservata al Comune stesso (" Zone di espansione D/1.3: zone destinate a nuovi insediamenti. In queste zone il P.R.G. si attua per P.U.A. La dotazione di spazi pubblici deve rispettare i limiti previsti dall'art. 20 in relazione alle diverse destinazioni d'uso").
La Regione Veneto, pertanto, avanzava ricorso avverso la sentenza del TAR citata e, ritenendo le disposizioni contestate in primo grado di natura programmatica ed astratta, per tale motivo non immediatamente lesive degli interessi dei ricorrenti, eccepiva in via preliminare l'inammissibilità del ricorso di primo grado proposto dai privati.
La sezione del Consiglio di Stato adita, al contrario, ha ritenuto infondata l'eccezione pregiudiziale sollevata dall'appellante sulla base delle seguenti argomentazioni: in primo luogo, le conseguenze di una simile disposizione, infatti, sono state individuate dal Giudici d'Appello nell'eccessiva compressione della potenzialità edificatoria delle aree interessate, con un'inevitabile diminuzione del valore economico espresso dalle stesse.
A nulla, poi, rileva la circostanza che la ratio alla base dell'introduzione della modifica alle N.T.A. del P.R.G. risiederebbe nell'intento di un contenimento dei prezzi dei terreni edificabili, e nella possibilità di un immediato utilizzo delle aree da parte del Comune.
Tale effetto negativo, infatti, è stato ritenuto sufficiente al fine di riconoscere in capo ai proprietari delle zone un interesse diretto, immediato ed attuale per quanto concerne la sostenibilità dell'impugnazione della disposizione lesiva.
Il Collegio giudicante, inoltre, ha ritenuto irrilevanti le eventuali garanzie che la Regione si premunirebbe di offrire in linea generale ai proprietari espropriati, in sede di esecuzione del provvedimento espropriativo.
La Regione Veneto, poi, tramite il ricorso oggetto della presente disamina, contestava la statuizione del TAR che aveva ritenuto illegittima la disposizione in causa, introdotta d'ufficio dall'Amministrazione Pubblica, poiché configurante una forma di espropriazione atipica, non riconducibile ad alcuna delle norme vigenti in materia.
Secondo i Giudici del gravame, la decisione del TAR deve ritenersi corretta, al contrario di quanto asserito dall'appellante, poiché, in assenza di una specifica normativa di rango legislativo, il diritto di proprietà di cui all'art. 42 della Costituzione non può essere in alcun modo compresso al di là delle previsioni sancite dalla stessa Carta Costituzionale. (.." la proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale..")
A supporto di una simile conclusione, può essere opportuno citare il parere espresso sull'argomento dalla Commissione Tecnica Regionale, richiamato anche dagli stessi Giudici del Consiglio di Stato nella sentenza emessa, in virtù del quale al Comune risulta già attribuita la facoltà di espropriare mediante lo strumento dei piani attuativi, secondo quanto disposto dalla normativa vigente in materia e secondo quanto previsto dalla legge, ma, al di là di ciò, l'Amministrazione pubblica non può godere di una riserva di proprietà fondiaria.
Secondo l'orientamento espresso dalla giurisprudenza amministrativa, pertanto, non sussiste alcuna normativa che riconosca all'Ente il potere di riservarsi preventivamente l'acquisizione di aree con le particolari modalità agevolate previste dalla disposizione contestata.
Il principio della tutela della proprietà privata, come noto, comporta che la Pubblica Amministrazione non possa incidere sulla stessa, anche se mossa da finalità di interesse sociale, servendosi di strumenti differenti da quelli che la legge abbia preventivamente riservato a ciò.
In conclusione, il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso in appello avanzato dalla Regione Veneto e ha confermato la sentenza di primo grado impugnata, chiarendo la portata delle attribuzioni poste in capo al Comune, finalizzate all'esercizio delle facoltà legate alle espropriazioni, e rinvenendo l'illegittimità della disposizione richiamata.
Le conclusioni cui è pervenuto il Supremo Collegio fissano ulteriormente una linea di ferma tutela degli interessi del privato, rispetto all'eventuale esercizio, per via atipica (ossia estranea ai piani attuativi), della potestà espropriativa concessa agli Enti locali: tale orientamento giurisprudenziale, non si può che convenire, costituisce una garanzia di certezza del diritto.
Alberto Rinaldi e Daniela Cassone
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