Nell'ultimo decennio la figura del condominio è stata completamente ridisegnata dalle pronunce della Cassazione tanto che il progetto della nuova legge se, da un lato, durante il suo lungo percorso, ha cercato di acquisire spunti da alcuni dei nuovi indirizzi giurisprudenziali, dall'altro non è riuscito a cogliere quegli interventi che hanno inciso sullo stesso fondamento giuridico del condominio (soprattutto in relazione ai millesimi ed alle obbligazioni) e che hanno determinato un sostanziale anacronismo della stessa futura legge in relazione alla figura di condominio delineata oggi dalla giurisprudenza.
Un'ultima fattispecie rilevante riguarda la Sentenza n. 8092 del 08/04/2011, che ricalca il filone relativo alla differenziazione tra gli istituti della comunione e del condominio che sta alla base delle decisioni in materia di super-condominio e di quelle sul condominio minimo sfociate nella SS. UU. Sent. n. 1046 del 31/01/2006.
Secondo l'indirizzo, ormai uniforme, della Cassazione, la differenza sostanziale tra comunione e condominio è da rinvenirsi nel legame funzionale e di materia che lega le parti comuni alle proprietà esclusive e che determina, nel condominio, l'illiceità della divisione a differenza di quanto avviene nella comunione ove vige, al contrario, l'obbligo di divisione atteso che la comunione si atteggia quale regime transitorio, ove ogni partecipante può chiederne, in ogni momento, lo scioglimento.
In particolare, la Cassazione ha evidenziato, soprattutto al riguardo delle ipotesi di super-condominio, come la normativa condominiale si applichi alle situazioni strutturali di accessorietà (ad esempio strade, impianti fognari, impianti termici, comuni a diversi stabili) e non si applichi ai beni suscettibili di godimento soggettivo diretto svincolato da ogni apparenza di destinazione collegata alle unità immobiliari (quali piscine, campi da tennis) ove si fa riferimento alle regole relative alla comunione semplice.
Nel caso esaminato dalla sentenza n. 8092 del 08/04/2011, a seguito di modifica dell'immobile del portiere ad autorimessa, da parte di un'assemblea, un condomino se ne era aggiudicato l'acquisto ma, successivamente, una parte di condomini aveva rifiutato il trasferimento della propria quota.
I Giudici di merito, nella specie, avevano escluso che il condomino potesse, validamente, richiedere il trasferimento di singole quote di alcuni degli altri condomini, essendo necessario il trasferimento dell'intero bene a seguito di unanime decisione di tutti i comproprietari.
La S.C. ha cassato, invece, la decisione sul presupposto che, una volta cessato il collegamento funzionale tra unità immobiliari ed immobile condominiale (già portineria) trasformato in autorimessa, verrebbe meno la condominialità e, pertanto, l'indivisibilità del bene, vertendosi in materia di comunione e, di conseguenza, di piena commerciabilità anche di singole quote.
La sentenza, peraltro, non tratta la questione relativa alla circostanza se sia possibile, attraverso una delibera assembleare, modificare radicalmente la destinazione di una parte comune tanto da incidere sulla sua natura condominiale (fattispecie, invece, riconosciuta dal disegno di legge oggi alla Camera) ma la trattazione non è avvenuta in ragione del carattere del giudizio di Cassazione, che può intervenire solo su capi dibattuti in sede di merito ed espressamente impugnati in sede di legittimità.
Avv.Paolo Gatto
Presidente nazionale A.L.A.C.