La Cassazione, con la sentenza n. 71 del 03/01/2013, ha avuto modo di pronunciarsi sulla questione relativa alla video-sorveglianza, ma il problema resta complesso per le sue implicazioni riguardo ad una gestione sistematica dell'argomento.
In primo luogo la questione, sotto il profilo della riservatezza, è stata oggetto di numerose previsioni da parte del Garante per la protezione dei dati personali; secondo il Garante (autorità amministrativa) che si è espresso con il provvedimento del 08/04/2010, il cittadino può sorvegliare ambiti meramente privati, purché detta sorveglianza non vada ad interessare spazi comuni; in questa diversa ipotesi si applica il codice sul trattamento dei dati, che richiede maggiori cautele, tra le quali la limitazione temporale nella conservazione delle immagini, adeguata informativa a terzi e la presenza di effettivi motivi di sicurezza (ad esempio l'essersi verificati fatti dannosi precedenti).
Dal punto di vista giurisprudenziale, peraltro, sussiste contrasto sul fatto che la video-sorveglianza possa essere annoverata tra le spese condominiali, atteso che la giurisprudenza di merito aveva oscillato sulla validità o meno di delibere assembleari istitutive di servizi di sorveglianza e guardianaggio, in quanto relative alla tutela non tanto delle parti comuni, quanto dei beni privati, conservati in unità immobiliari private.
La recente pronuncia della Cassazione arriva ad affermare non solo la legittimità dell'impianto di video-sorveglianza, implicitamente ammettendo la sua natura condominiale, ma stabilendo che si tratta di spesa “urgente” ai sensi dell'art. 1134 c.c., tanto che il condomino che l'abbia sostenuta da solo ha diritto al rimborso. La stessa decisione ha stabilito che il sistema di video-sorveglianza su parti condominiali non integra il reato di illecita interferenza nella vita privata (art. 615 bis c.p.) atteso che le aree e gli spazi condominiali non possono annoverarsi tra quelli coperti dalla norma, non costituendo “dimora” ma frequentati da un numero indeterminato di persone.
A mettere ordine dovrebbe intervenire, dal 18/06/2013, data in cui entrerà in vigore, la nuova normativa sul condominio negli edifici (L. 11/12/2012 n. 220) che espressamente disciplina la predisposizione di impianti di video-sorveglianza nel condominio.
L'art. 1122 ter del Codice Civile, così come integrato dalla nuova legge, consente all'assemblea di predisporre impianti di video-sorveglianza delle parti comuni con la maggioranza di cui all'art. 1136 c.c. (maggioranza degli intervenuti che rappresenti la metà della proprietà).
I problemi, peraltro, non sono del tutto risolti; in primo luogo, in presenza di due confliggenti orientamenti nel considerare la video-sorveglianza quale servizio condominiale o privato, alla norma deve essere attribuita portata anche interpretativa, per cui dovrebbe essere applicabile anche alle fattispecie già esistenti ed alle controversie già pendenti quale “ius superveniens” atteso che se si qualifica un servizio quale “condominiale” oggi, doveva essere considerato tale anche in passato.
Inoltre, la circostanza che la nuova normativa disciplini la materia sotto il profilo meramente economico, imponendo alla minoranza contraria un costo a favore della comunità condominiale, non può comportare una limitazione al diritto alla riservatezza nei confronti dei contrari, né possono considerarsi derogabili tutte le cautele previste dal Garante; in altri termini, pur diventando sempre possibile prevedere il sistema di video-sorveglianza (oggi ammesso per legge), anche in assenza di precedenti fatti criminosi, il diritto deve essere contemperato con le esigenze di riservatezza dei condomini e dei terzi e, pertanto, dovranno ancora essere osservate le raccomandazioni del Garante.