La sentenza 1451 del 23/01/2014 aveva stabilito che l'amministratore non avesse necessità dell'autorizzazione dell'assemblea al fine di difendere il condominio nel giudizio di impugnazione di delibera assembleare; la ratio della pronuncia era il principio secondo il quale, come rientra tra i compiti propri dell'amministratore, ai sensi dell'art. 1130 c.p.c., eseguire le delibere assembleari, così rientra tra i suoi poteri anche quello di garantire la "conservazione" del provvedimento assembleare impugnato.
La decisione, peraltro, andava oltre: arrivava a sostenere che il principio stabilito nel 2010 dalle Sezioni Unite (necessità di autorizzazione assembleare al giudizio) non si possa applicare indiscriminatamente, pena l'insorgere di un "iperassemblearismo" condominiale che obbligherebbe a ricorrere all'assemblea anche per il solo procedimento monitorio o cautelare.
L'ultima pronuncia della Cassazione, la Sentenza n.2859 del 07/02/2014 torna all'orientamento più restrittivo, richiamando espressamente quanto stabilito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 18331/10.
Secondo la più recente decisione la disposizione dell'art. 1131 c.c., che prevede che l'amministratore possa essere chiamato in giudizio in tutte le materie condominiali, costituisce solo un motivo di semplificazione per il terzo che debba convenire in giudizio il condominio, consentendogli di citare solo l'amministratore anziché tutti i condomini, ma nulla giustifica l'amministratore ad agire o resistere in giudizio senza autorizzazione preventiva o, almeno, successiva ratifica da parte dell'assemblea. Nel caso in specie l'oggetto del giudizio era una richiesta risarcitoria di un condomino danneggiato da infiltrazioni dal lastrico solare e la Cassazione ha ritenuto che la suddetta materia esorbitasse dalle competenze proprie dell'amministratore.
In ogni caso, non si può non rilevare come la pronuncia delle sezioni unite, anziché porre fine ad una questione controversa abbia, al contrario, stimolato una vera e propria giurisprudenza interpretativa della pronuncia stessa, iniziando un filone che potrebbe presentare difficoltà a consolidarsi. Infatti la norma di riferimento per verificare se una materia rientri o meno tra i poteri dell'amministratore è l'art. 1130 c.c., ma questo è stato notevolmente modificato dalla nuova legge che, da quattro commi originari, oggi ne prevede una decina, anche se si tratta, più che altro, di regole di comportamento dell'amministratore che non ne ampliano più di tanto i poteri.