Pubblichiamo un interessante intervento ricevuto dall'avv. Alberto Rinaldi sulla certificazione di agibilità.
Le novità in materia di Certificazione di Agibilità.
- Premessa Il Consiglio dei Ministri, in data 22 settembre 2006, ha approvato il disegno di legge sulla semplificazione delle amministrazioni pubbliche e sulla riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e le imprese, proposto dal Ministro per l'innovazione Luigi Nicolais.
Tra le misure finalizzate a ridurre gli oneri anzidetti, a favore di cittadini ed imprese, il DDL Nicolais, all'art 10, introduce la sostituzione del certificato d'agibilità degli edifici con la dichiarazione di conformità rilasciata dal direttore dei lavori sulla base della documentazione prevista dall'art. 25 del T.U. 380/2001.
Il conferimento ai professionisti tecnici della certificazione sopraccennata, se da un lato corrisponde all'esigenza di evitare passaggi burocratici, dall'altro investe il direttore dei lavori, allo scopo incaricato, di nuove e gravose responsabilità, sottese, peraltro, alla qualificazione e competenza necessaria per svolgere in modo adeguato qualsivoglia professione.
La dichiarazione del professionista incaricato, com'è facile evincere, viene a sostituire un certificato pubblico, ed è sanzionata, in caso di falsità, ai sensi degli arrt. 35 (sospensione dall'esercizio d'una professione o di un'arte) e 480 (falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative) del Codice penale: quest'ultimo reato è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni.
Per il cittadino o le imprese, che abbiano necessità d'ottenere il certificato anzidetto, la soluzione 'privatistica' del DDL Nicolais si traduce in un congruo risparmio di tempo, rispetto al procedimento attuale, anche se, verosimilmente, è da attendersi un aggravio di costi, dovendosi contemplare la prestazione del professionista.
La novità in fase d'introduzione supera lo strumento, peraltro abbastanza recente, costituito dallo sportello unico dell'edilizia (modellato su quello per le attività produttive di cui al D.P.R. 20 ottobre 1998 n. 447), istituito con l'art. 5 del T.U. 380/2001.
Scopo di tale ufficio, come noto, è quello di costituire un accesso unitario per il cittadino, ai fini della raccolta di informazioni e di 'radicamento' delle iniziative in materia edilizia, operando come struttura di raccordo operativo tra le Amministrazioni e gli organi chiamati a pronunciarsi nel corso dei procedimenti attinenti il rilascio del permesso di costruire e del certificato d'agibilità. - Ambito d'applicazione della normativa: la misura in commento si applica, per volontà del legislatore (comma 1 dell'art. 10 DDL Nicolais), alla sola edilizia privata, escludendo conseguentemente l'edilizia pubblica (opere realizzate da soggetti pubblici, quali le case popolari ad esempio) e le opere pubbliche in generale che, ratione materiae, restano disciplinate dalla normativa specialistica, soprattutto per quanto attiene il collaudo.
E' fatto espresso richiamo alla certificazione di conformità degli impianti prevista dagli artt. 111 e 126 del T.U. 380/2001 (adempimenti e verifiche relativi alla sicurezza degli impianti ed all'isolamento termico), rilasciata dal direttore dei lavori sulla scorta della documentazione elencata dall'art. 25 dello stesso T.U. - La disciplina attuale e il procedimento di rilascio del certificato: la normativa edilizia vigente, ricordiamo, prescrive che sia l'Amministrazione comunale a dover autorizzare l'agibilità e l'uso degli edifici destinati ad abitazione, nonché, comunque, ad una possibile frequenza dell'uomo (ad. es. per negozi o uffici): in ultimo è stato il T.U. 380/2001 (artt. 24-26) a disciplinare il rilascio del certificato d'agibilità.
In attuazione della L. n. 59/1997 (Bassanini), l'art. 24 del citato Testo Unico riconduce ad unità i termini 'agibilità' e 'abitabilità' demandando al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale la certificazione degli interventi finalizzati a nuove costruzioni, ricostruzioni o sopraelevazioni (totali o parziali), interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni d'igiene, salubrità, sicurezza e risparmio energetico.
L'accertamento cui sarebbe finalizzata la certificazione, dunque, prescinde dalla qualificazione giuridica dell'intervento (che sia restauro, manutenzione straordinaria, risanamento conservativo ecc.), attenendo piuttosto la qualità/entità dell'intervento stesso, e le connessioni di questo rispetto alle condizioni di salubrità della costruzione, o di parti d'essa.
L'art. 25 del T.U. 380/2001, come noto, prevede che il soggetto titolare del permesso di costruire, o il soggetto che ha presentato la D.I.A. (e/o loro successori o aventi causa), entro 15 giorni dalla data d'ultimazione dei lavori di finitura dell'immobile, debba presentare allo sportello unico comunale:- la richiesta di rilascio del certificato d'agibilità;
- la richiesta di accatastamento dell'edificio;
- una propria dichiarazione di conformità dell'opera rispetto al progetto approvato, nonché in ordine all'avvenuta prosciugatura dei muri ed alla salubrità degli ambienti;
- una dichiarazione dell'impresa installatrice che attesta la conformità degli impianti installati negli edifici ad uso civile alla prescrizioni di cui agli artt. 113 e 117 dello stesso T.U., nonché all'art. 1 della L. 10/91, ovvero certificato di collaudo degli stessi, ove previsto, ovvero ancora certificazione di conformità degli impianti inerenti alla sicurezza degli impianti prevista dagli artt. 111 e 126 del T.U.
- il certificato di collaudo statico (per le costruzioni in conglomerato cementizio armato o a struttura metallica) disciplinato dall'art. 67 del T.U.
- il certificato del competente ufficio tecnico regionale attestante la conformità alla normativa antisismica
- una dichiarazione di conformità delle opere realizzate alla normativa vigente in tema di barriere architettoniche.
Per quanto attiene il procedimento, attualmente lo sportello unico comunale deve comunicare al richiedente, entro 10 giorni dalla ricezione dell'istanza il nominativo del responsabile del procedimento (ai sensi degli artt. 4 e 5 della legge 241/1990); il dirigente o responsabile dell'u.t.c. può disporre un'eventuale ispezione per verificare l'esistenza dei requisiti, ma, in ogni caso, deve rilasciare il certificato d'agibilità, o denegarlo, entro 30 giorni dalla data di presentazione della domanda.
Il termine anzidetto è suscettibile d'interruzione una sola volta, entro 15 giorni dalla domanda, e per i soli casi di richiesta all'interessato di documenti finalizzati ad integrare o completare la documentazione presentata (purché trattasi di documenti che non siano già in possesso dell'autorità comunale ed essa non possa acquisirli autonomamente).
L'agibilità è da intendersi come attestata anche nel silenzio dell'amministrazione comunale, una volta che siano trascorsi inutilmente dalla presentazione della domanda:- 30 giorni, qualora nel procedimento per il rilascio del permesso di costruire sia stato acquisito il parere espresso dall'ASL;
- 60 giorni, nel caso di autodichiarazione afferente i contenuti del parere stesso.
E' opportuno ricordare, peraltro, come il rilascio del certificato non impedisca l'esercizio del potere declaratorio dell'inagibilità dell'edificio, o di parte di esso, ai sensi dell'art. 222 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 (T.U. delle leggi sanitarie). - Il rapporto tra agibilità e violazioni edilizie: il superamento della fase c.d. 'pubblica' del rilascio del certificato d'agibilità, è d'uopo rilevare, non permette d'obliterare alcune necessarie considerazioni sul contenuto stesso della valutazione demandata al libero professionista, ossia se essa debba riguardare solo gli aspetti igienico-sanitari della costruzione, o anche quelli urbanistici.
Un'interpretazione maggioritaria, infatti, valuta che la valutazione in oggetto debba essere finalizzata essenzialmente alla tutela dell'igiene dei fabbricati, e dei relativi servizi, riconoscendo la necessità del previo accertamento della conformità delle opere al progetto approvato, ma ritenendo che tale prescrizione debba interpretarsi, ai fini dell'uso dell'edificio, in un senso di non mera ottemperanza urbanistica.
Il parametro per la valutazione d'agibilità, per quanto attinente l'idoneità della costruzione ad essere occupata o frequentata da persone, sarebbe quello della salubrità della stessa.
Una tendenza della giurisprudenza amministrativa, peraltro, sembra andare verso un'interpretazione più rigorosa, nel senso di vincolare l'agibilità del manufatto alla sua conformità rispetto alla disciplina urbanistica (Consiglio di Stato, sez. V, 3 febbraio 2000, in Comuni d'Italia 2000, 1084; TAR Abruzzo sez. Pescara, 11 gennaio 2001, n. 1, in Giust. Amm.va 2001, 638).
Non appare dubbio, a Nostra opinione, che il professionista incaricato della certificazione d'agibilità sia tenuto anche a valutare la conformità urbanistica dell'edificio, a pena di rendersi complice (quantomeno morale) d'una violazione edilizia, il che non può essere conseguenza condivisibile da quanti ritengono che il rilascio del certificato anzidetto debba assolvere anche funzioni strumentali rispetto alla difesa del territorio. - L'incidenza dell'agibilità sull'alienazione e la locazione degli immobili: l'idoneità negoziale del bene immobile compravenduto o alienato, in difetto di agibilità, ha ovviamente, creato un ampio dibattito giurisprudenziale. Per quanto concerna l'alienabilità, deve ritenersi implicitamente richiesto, come elemento integrativo e caratterizzante della citata idoneità, il requisito dell'immobile ad essere abitato, e ciò sotto il profilo legale, e non di mero fatto (Cass., sez. II, 10 giugno 1991, n. 6576); in tale prospettiva, il certificato di abitabilità è stato ritenuto indispensabile ai fini della piena realizzazione della funzione del contratto (Cass. Sez. II 26 giugno 1995 n. 953 e 14 dicembre 1994 n. 10703).
Un'altra pronuncia di rilievo ha affermato che la mancata consegna del certificato in oggetto implica un inadempimento che, sebbene non sia tale da dar luogo necessariamente risoluzione del contratto, può, comunque, essere fonte di un danno risarcibile, ovvero costituire il fondamento dell'eccezione prevista dall'art. 1460 c.c., per il solo fatto che si è consegnato un immobile che presenta problemi di commerciabilità, non rilevando la circostanza che l'immobile sia stato costruito in conformità delle norme igienico-sanitarie, della disciplina urbanistica e delle prescrizioni della concessione ad edificare, ovvero che sia stato concretamente abitato (Cass. Sez. II 3 luglio 2000 n. 8880).
Un'altra pronuncia della Corte di legittimità (Cass. Sez. II 22 febbraio 2000 n. 1954), rilevante sul punto dell'odierna disamina, ha chiarito che l'azione di risarcimento proposta dall'acquirente nei confronti del venditore d'un immobile sprovvisto del certificato d'agibilità si prescrive in 10 anni.
Interessante poi una recente sentenza del Tribunale di Genova (sezione I, 1 febbraio 2006, in Banca Dati De Agostini) che ha affermato come l'obbligo avente ad oggetto il rilascio d'un provvedimento amministrativo vada definito come obbligazione di mezzi e non di risultato; una volta dimostrata l'avvenuta effettuazione di tutti gli incombenti necessari al rilascio dell'attestazione d'agibilità ad un box, non si può affermare che la parte alienante, convenuta, si sia resa inadempiente all'obbligazione su d'essa gravante.
Per quanto attiene la locazione dell'immobile privo d'agibilità (o abitabilità), la giurisprudenza ha riscontrato la presenza d'un vizio che, diminuendo in modo apprezzabile l'idoneità della cosa locata all'uso, giustifica la risoluzione del contratto o la riduzione del canone ai sensi dell' art. 1578 c.c.
La Suprema Corte, con sentenza n. 6892 del 23 luglio 1994, ha precisato che il mancato rilascio delle certificazioni inerenti l'abitabilità degli immobili non osta alla valida costituzione del rapporto locatizio, ma (Cass. 12 settembre 2000 n. 12030), ove il provvedimento amministrativo, il conduttore ha facoltà di chiedere la risoluzione del contratto.
Qualora poi sia riscontrata l'inidoneità dell'immobile all'esercizio d'una determinata attività per la quale lo stesso sia stato locato, il locatore non è obbligato ad apportare modifiche non previste a suo carico dal contratto, in virtù dell'art. 1575 c.c., che impone al locatore solo l'obbligo di conservare lo stato esistente al momento della stipulazione contrattuale, stato accettato e riconosciuto dal conduttore (Cass. 7 marzo 2001 n. 3341).
L'affidamento al professionista della certificazione anzidetta, è lecito attendersi, potrà vedere, quale primo effetto virtuoso, una riduzione del contenzioso attinente la mancanza dell'agibilità, abbreviando notevolmente gli attuali tempi d'ottenimento e, con ciò, escludendo almeno in parte i margini d'incertezza in ambito negoziale.
Non è però da relegare in secondo piano il ruolo affidato ai professionisti sotto altri aspetti, ossia quello di verifica della conformità urbanistica dell'edificio: il legislatore, infatti, non può essersi espresso nel senso di favorire l'abusivismo edilizio, sottraendo agli sportelli unici un prezioso ruolo di coordinamento, ma, piuttosto, ha inteso evidenziare la rilevanza della delega ai privati operatori del settore, per quanto attiene profili di rigore deontologico e di tutela d'interessi più ampi rispetto a quello del mero espletamento dell'incarico loro conferito.
Avv. Alberto Rinaldi
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