La registrazione ritardata del contratto di locazione fra nullità e inefficacia
TRIBUNALE DI BARI, Sez. distaccata di Monopoli, 24 ottobre 2011, ord. - Giud. De Palma
Ai sensi dell’art. 1, comma 346, l. n. 311/2004, un contratto di locazione non registrato è nullo; tuttavia, tale nullità è sanabile ex nunc con la registrazione, sicché il contratto deve considerarsi valido a far tempo dalla sua registrazione, giungendo a produrre i suoi normali effetti.
(Omissis).
Rilevato che il conduttore intimato, costituitosi in giudizio, si è opposto alla convalida dello sfratto, sicché non ricorrono le condizioni onde provvedere a norma dell’art. 663 c.p.c.;
rilevato che l’opposizione è fondata su prova scritta; visto che il conduttore ha eccepito la nullità del contratto di locazione per essere stato registrato tardivamente, ossia oltre i trenta giorni prescritti dalla legge; considerato, al riguardo, che l’art. 1, comma 346, l. n. 311/ 2004 prevede testualmente che: ‘‘i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati’’;
considerato che, tra le diverse tesi emerse sulla portata di tale norma, quelle che trovano maggior riscontro nel diritto vivente sono quella della nullità non sanabile neppure con la registrazione tardiva, quella della nullità sanabile ex nunc con la registrazione e quella per cui la registrazione ha natura di condicio iuris il cui avveramento produce effetti ex tunc secondo la regola di cui all’art. 1360, comma 1, c.c., sicché, stando a tale ultima tesi, il legislatore non ha introdotto una nullità testuale ma un’ipotesi d’inefficacia, come quella sancita dall’art. 13, comma 1, l. n. 431/1998;
ritenuto che tra le suindicate tesi sia da preferire quella che afferma la nullità del contratto anche se sanabile ex nunc (in questo senso, tra le altre, Trib. Santa Maria Capua Vetere, 13 luglio 2011; Trib. Napoli, 4 maggio 2009);
ritenuto che non si possa non dare un valore dirimente alla chiara lettera dell’art. 1, comma 346, cit., che fa riferimento alla ‘‘nullità del contratto di locazione’’, soprattutto se si considera che tale norma non solo ha ampliato l’ambito di incidenza della mancata registrazione rispetto a quanto prevede l’art. 13, comma 1, l. n. 431/1998, ma ha anche reiterato la qualificazione del vizio in termini di radicale nullità;
ritenuto pertanto che, come sostenuto dalla Corte Costituzionale (ordinanze 420/2007; 389/2008; 110/2009), si sia in presenza di una vera e propria ipotesi di nullità, nel senso che il contratto di locazione è nullo ex art. 1418 c.c. per violazione della norma tributaria sulla registrazione: a ben vedere il generico richiamo operato dal giudice delle leggi all’art. 1418 c.c. assume per lo più rilevanza di inquadramento organico del tipo d’invalidità, visto che è esattamente una norma di legge (cioè l’art. 1, comma 346, cit.) che commina la nullità del contratto per violazione di altra norma ritenuta evidentemente imperativa, così come d’altronde previsto dall’ultimo comma dell’art. 1418 c.c. (si legge nelle ultime due ordinanze citate della Corte Costituzionale che tale operazione non costituisce una novità nel nostro ordinamento, poiché, ai sensi dell’art. 62 D.P.R. n. 131/1986, sono nulli i patti contrari alla disposizioni del decreto medesimo, compresi quelli che pongono l’imposta e le eventuali sanzioni a carico di una delle parti); ritenuto pertanto che non gioverebbe, per smentire la tesi della nullità, invocare la giurisprudenza di legittimità secondo cui la violazione della normativa fiscale, anche in ambito locatizio, non incide sulla validità del contratto, avendo esclusivo rilievo tributario, poiché qui non si tratta di un’ipotesi di nullità c.d. virtuale (che origina del combinato disposto della norma imperativa e della previsione di cui all’art. 1418, comma 1, c.c.), ma di un’ipotesi di nullità espressamente prevista dalla legge;
ritenuto ancora, sul punto, che ugualmente la tesi qui patrocinata non può essere superata neppure richiamando la giurisprudenza che ha optato per la tesi dell’inefficacia condizionata alla non registrazione riguardo all’art. 13, comma 1, l. n. 431/1998, trattandosi di norma avente una portata diversa (segnatamente, ridotta) rispetto a quella di cui all’art. 1, comma 346, cit., che della prima costituisce un’evoluzione, essendo diretta a sanzionare con l’invalidità del contratto la mancata registrazione tout court;
ritenuto che il dubbio teorico, pure paventato dai fautori della tesi dell’inefficacia, per cui la nullità, per sua natura, dovrebbe riguardare l’iter formativo del contratto, possa ritenersi superato non solo dal fatto che è la legge che prevede la nullità, ma anche e soprattutto dal fatto che esistono altre ipotesi legislative rispetto alle quali è prevista la nullità sebbene il vizio origini da elementi estrinseci e successivi rispetto alla formazione del contratto, il che impone di ritenere che la nullità non è necessariamente un vizio genetico del contratto: le novità normative che si sono succedute negli ultimi anni, anche sotto la spinta della normativa comunitaria, hanno imposto una rivisitazione dell’analisi di alcune categorie tradizionali tra cui la nullità (si pensi, ad esempio, all’art. 67-septies decies cod. cons. che prevede la nullità del contratto se il fornitore ostacola l’esercizio del diritto di recesso da parte del contraente o non rimborsa le somme da questi eventualmente pagate oppure viola gli obblighi di informativa precontrattuale);
ritenuto che la tesi della nullità radicale del contratto non registrato, con conseguente sua inesistenza giuridica e relativa insanabilità ex art. 1423 c.c., non appaia compatibile con la tutela degli interessi sostanziali sia dei contraenti che dell’erario;
considerato infatti che tale soluzione avrebbe ripercussioni negative non soltanto sugli interessi del conduttore, normalmente protetto dall’ordinamento in quanto individuato come contraente debole, e sull’interesse dello stesso locatore, costretto a ricorrere, in caso di inadempimento del conduttore, alla meno agevole azione ordinaria di occupazione senza titolo, ma anche sulla finalità della norma di cui all’art 1, comma 346, l. n. 311/2004 che è quella di far emergere il ‘‘sommerso’’, sicché si deve ritenere che la stessa norma consenta, analogamente a ciò che accade in ambito fiscale e con effetti validanti sul piano civilistico, il ravvedimento dei contraenti che non hanno registrato il contratto;
ritenuto pertanto che, sebbene l’art. 1, comma 346, cit., non preveda espressamente la sanatoria della nullità, è la sua stessa ratio, oltre che la complessiva disciplina locativa a tutela degli interessi di entrambi i contraenti, che consentono di affermare la convalidabilità del contratto nullo con effetti ex nunc, cioè dalla registrazione: in tal modo i canoni sono dovuti da tale data e il contratto decorre dalla medesima data (non pare possa invece condividersi la tesi della conferma del contratto analogamente a ciò che accade riguardo alla conferma del testamento nullo e della donazione nulla (Trib. Napoli, 19 settembre 2009) poiché la conferma comporta l’efficacia relativa dell’atto a svantaggio del confermante);
ritenuto che la riprova dell’intenzione del legislatore di attribuire alla registrazione un effetto sanante con decorrenza ex nunc la si desuma oggi anche dall’art. 3, comma 8, D.Lgs. n. 23/2011 che prevede la disciplina da applicare, in termini di durata del contratto di locazione e di entità del canone, nel caso di contratti registrati tardivamente, disciplina che decorre dalla registrazione (anche se tale previsione riguarda solo le locazioni abitative, esigenze di coerenza del sistema inducono a ritenere che la stessa possa essere interpretata per ammettere la convalida anche nelle locazioni ad uso diverso);
ritenuto che alcun limite alla tesi della nullità sanabile ex nunc possa rinvenirsi nella disciplina tributaria: non nella circostanza che in caso di mancata registrazione sono dovuti oltre all’imposta non pagata e alla sanzione anche gli interessi di mora poiché, com’è noto, in tema di imposta di registro l’art. 38 D.P.R. n. 131/1986 prevede l’irrilevanza della nullità e dell’annullabilità dell’atto sull’obbligo di chiedere la registrazione e pagare la relativa imposta, a meno che (ma non è il caso in esame) l’atto non sia dichiarato nullo per causa non imputabile alle parti (questa norma giustifica perché nonostante la mancanza di effetti del contratto fino alla sua sanatoria è dovuto il pagamento degli interessi di mora per il periodo pregresso);
ritenuto, sostanzialmente per il principio appena esposto per cui ciò che rileva in ambito tributario è l’effetto dell’atto più che l’atto stesso, che non osti alla tesi della nullità sanabile ex nunc neppure la previsione di cui all’art. 1, comma 342, l. n. 311/2004, relativa all’accertamento dei redditi di fabbricati, a tenore della quale in caso di omessa registrazione del contratto di locazione di immobili urbani si presume, salva documentata prova contraria, l’esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi d’imposta antecedenti quello nel corso del quale è accertato il rapporto stesso, poiché questa norma produce i propri effetti esclusivamente in ambito fiscale, come chiarito dall’Agenzia delle entrate (circolare n. 10 del 16 marzo 2005);
ritenuto, venendo al caso di specie, che a far data dalla registrazione (cioè dal 7 agosto 2009), diversamente da quanto assunto dalla difesa di parte convenuta, il contratto è divenuto valido e ha prodotto i suoi effetti; ritenuto tuttavia che, nonostante la validità del contratto di locazione, ricorrano gravi motivi onde disattendere l’istanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. poiché, alla luce della documentazione prodotta dal conduttore, si rende necessario accertare, all’esito di un giudizio a cognizione piena, la circostanza da questi addotta per cui il locatore avrebbe rifiutato il pagamento del canone;
considerato che, in difetto delle condizioni per provvedere alla convalida dello sfratto, neppure ricorrono le condizioni onde disporre ai sensi dell’art. 664 c.p.c.; rilevato infine che deve farsi luogo al giudizio di merito nelle forme del rito speciale di cui all’art. 447-bis c.p.c.; applicati gli artt. 426 e 667 c.p.c.;
- rigetta l’istanza di rilascio immediato dell’immobile locato
- dispone il mutamento del rito assegnando alle parti termine perentorio fino al 12 aprile 2012 per l’eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria;
- fissa, per il merito, l’udienza di discussione del 19 aprile 2012, avvertendo le parti che la presente controversia è oggetto di mediazione ex artt. 2 e 5, commi 1 e 4, lett. b, del D.Lgs. n. 28/2010.
(Omissis).
Il commento di Valerio Sangiovanni
Quali sono le conseguenze della mancata registrazione del contratto di locazione? La legge sul punto appare chiara, stabilendo - testualmente - la ‘‘nullità’’ del contratto. Ma cosa succede se il contratto viene successivamente registrato? Può il contratto essere così convalidato? Si tratta delle interessanti questioni al centro del provvedimento del Tribunale di Bari, che merita apprezzamento per il fatto di essere ampiamente motivato, pur trattandosi di una mera ordinanza. La soluzione fatta propria dall’autorità giudiziaria pugliese è nel senso della validità del contratto tardivamente registrato, ma la questione è controversa in giurisprudenza e dottrina.
Osservazioni introduttive
E' utile premettere che la questione della forma e della registrazione dei contratti di locazione, nonché delle conseguenze della mancata osservanza dei requisiti di forma e registrazione, è di grande attualità (1). La nullità conseguente all’omessa registrazione è finalizzata a far emergere le locazioni sconosciute all’erario, che appaiono invero essere molto diffuse e contribuiscono all’incremento del debito pubblico dello Stato. A ciò si aggiunga che, in un periodo di crisi economica e finanziaria (come quello che stiamo attraversando), non può che aumentare il numero di conduttori in difficoltà nel corrispondere i canoni di locazione pattuiti in contratto. Al centro delle controversie locatizie si pone allora, in limine, la problematica della validità dei contratti non registrati. I giudici vengono sempre più frequentemente investiti di questioni concernenti le conseguenze dell’omessa registrazione del contratto, asserendo il conduttore che essa implica la nullità del contratto e, dunque, la non debenza dei canoni in assenza di titolo formale che ne giustifichi il pagamento.
L’ordinanza del Tribunale di Bari merita certamente di essere commentata non solo per la rilevanza pratica dell’argomento, ma anche perché è ampiamente motivata (2) Il provvedimento dell’autorità giudiziaria barese concerne la nullità del contratto di locazione determinata dalla sua mancata registrazione. Bisogna altresì dire che la materia della forma e della registrazione del contratto di locazione non è fra le più agevoli da trattare per i giudici (e per gli avvocati che assistono le parti) per almeno tre ordini di motivi: in primo luogo per la molteplicità di fonti normative, che rendono la tematica alquanto complessa; in secondo luogo per il susseguirsi di discipline, con la conseguente difficoltà di stabilire quale normativa sia applicabile ratione temporis a quale contratto; in terzo luogo per la scelta di politica legislativa in favore della nullità del contratto di locazione non registrato contenuta nella l. n. 311/2004 (legge cui si è data applicazione nel caso di specie) (3). Questa scelta sta forse creando più problemi di quanti non sia riusciti a risolverne, come esamineremo in dettaglio nel prosieguo.
Anzitutto, si diceva, vi è una pluralità di fonti normative sul punto: alla l. n. 431/1998 (sulle locazioni e sul rilascio degli immobili adibiti a uso abitativo) si sono aggiunti la l. n. 311/2004 (che stabilisce la sanzione della nullità in caso di mancata registrazione) e, infine, il recentissimo D.Lgs. n. 23/2011 (che prevede le conseguenze della ritardata registrazione). A quest’ultimo decreto legislativo non è stata data applicazione nel caso di specie, ma ce ne occuperemo nella parte finale di questa nota, sia perché ve ne fa riferimento il Tribunale di Bari nell’ordinanza in commento sia per completezza di esposizione, per rendere conto di questa significativa novità normativa che concerne proprio la registrazione del contratto.
Un secondo aspetto problematico in materia di forma e registrazione dei contratti di locazione, profilo che emerge anche dalla lettura dell’ordinanza del Tribunale di Bari (ed è ricorrente nella più recente giurisprudenza), è quello relativo al succedersi delle leggi nel tempo. Il fatto che si siano succedute a breve distanza di tempo più normative in tema di forma e registrazione del contratto implica la presenza, ancora oggi, sul mercato di contratti che - ratione temporis - sono assoggettati a discipline diverse. Questa situazione complica parecchio il lavoro degli avvocati e dei giudici, dovendo essi - prima di tutto e ogni volta - accertare quale sia la normativa applicabile al caso di specie.
Ai fini che qui interessano si deve osservare che l’art. 1, comma 346, l. n. 311/2004, che è la disposizione applicata dal Tribunale di Bari, non si applica ai contratti di locazione conclusi prima del 18 gennaio 2005, anche se i relativi rapporti di locazione continuano dopo tale data (4). L’art. 1, comma 572, l. n. 341/2004 indica, come data di entrata in vigore della legge, il 18 gennaio 2005. Dunque, per i contratti di locazione conclusi a partire da questa data, si applica senz’altro il principio della nullità in caso di mancata registrazione. Al contrario si deve ritenere che la legge finanziaria per il 2005 non possa avere effetti retroattivi, e non si applichi pertanto ai contratti conclusi fino al 31 dicembre 2004. Per giungere a questa conclusione ci si può basare sul dettato dell’art. 11, comma 1, preleggi, che statuisce che la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo. A ciò si aggiunga che l’art. 1, comma 346, l. n. 311/2004 dichiara la nullità , letteralmente, non ‘‘dei rapporti’’, bensì ‘‘dei contratti’’ di locazione. In questo modo il legislatore pare attribuire rilievo al momento della conclusione del contratto (principio del tempus regit actum). Il principio secondo cui l’art. 1, comma 346, l. n. 341/ 2004 non è applicabile retroattivamente è stato affermato da diverse decisioni giurisprudenziali recenti (5). Bisogna notare che non è un caso che i giudici si trovino costantemente ad affrontare la questione della possibile applicabilità della disciplina della l. n. 341/2004 anche ai contratti di locazione conclusi prima del 2005, in quanto la parte interessata (di norma il conduttore che non vuole pagare i canoni e, per questo motivo, si appella alla nullità del contratto) solleva l’eccezione di nullità per mancata registrazione, cercando di trarre argomento a proprio favore dalla legislazione del 2004 anche se il contratto è stato concluso precedentemente. Ne consegue che capita frequentemente che i giudici siano investiti, in via preliminare, della questione della legge applicabile ratione temporis.
Un terzo aspetto problematico è quello che costituisce il nucleo centrale dell’ordinanza del Tribunale di Bari, e sul quale ci soffermeremo a lungo nel prosieguo. La controversia interpretativa nasce dal fatto che l’art. 1, comma 346, l. n. 311/2004 indica espressamente la nullità come conseguenza della mancata registrazione del contratto di locazione. Ma la nullità , secondo la regola generale, non è convalidabile (art. 1423 c.c.) (6). Premesso che la convalida è possibile solo quando la legge la prevede espressamente, bisogna constatare che - nel contesto della mancata registrazione del contratto di locazione - non vi è una specifica previsione che consenta la convalida (7).
La difficoltà di carattere sostanziale conseguente alla scelta legislativa del rimedio della nullità è che i suoi effetti sono scarsamente compatibili con le esigenze dei contraenti, i quali - in definitiva - nella maggior parte dei casi mirano a una continuazione (e non a un’interruzione) del rapporto: il locatore vorrebbe continuare a trarre un reddito dall’immobile, mentre il conduttore vorrebbe continuare a soddisfare la sua esigenza abitativa.
Bisogna dire che lo Stato si garantisce comunque i propri introiti, sia con riferimento all’imposta di registro sia con riferimento all’imposta sui redditi. Avuto riguardo all’imposta di registro, si deve ricordare la disposizione per cui la nullità dell’atto non dispensa dall’obbligo di chiedere la registrazione e di pagare la relativa imposta (art. 38, comma 1, D.P.R. n. 131/1986). Con riguardo alle imposte sui redditi, è necessario evidenziare che la legge prevede che in caso di omessa registrazione del contratto di locazione di immobili si presume, salva documentata prova contraria, l’esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi d’imposta antecedenti quello nel corso del quale è accertato il rapporto, con conseguente applicazione delle imposte dovute (art. 41 ter, comma 2, D.P.R. n. 600/1973). Si può allora affermare che la scelta del legislatore in favore della nullità quale sanzione per la mancata registrazione è criticabile in quanto, anche se astrattamente adatta all’obiettivo di diritto pubblico che il legislatore si prefigge (emersione del nero), cagiona gravi effetti collaterali per i contraenti, destabilizzando il rapporto fra essi sussistente.
La conclusione cui mi pare di poter giungere è che la sanzione della nullità non convalidabile è poco adatta a disciplinare un tema così sensibile come quello delle locazioni a uso abitativo. Per questa ragione si assiste in giurisprudenza a frequenti interpretazioni ‘‘correttive’’ del testo legislativo finalizzate a qualificare la nullità di cui all’art. 1, comma 346, l. n. 311/2004 come ‘‘sanabile’’ o addirittura a ‘‘trasformare’’ la nullità prevista espressamente dalla legge in inefficacia (8). Queste operazioni ermeneutiche, seppure determinate dal condivisibile intento di porre riparo alla non felice scelta di politica legislativa, si scontrano con il chiaro dato testuale, che parla di ‘‘nullità ’’, che - secondo la regola generale (art. 1423 c.c.) - non è convalidabile.
I requisiti di forma e registrazione del contratto di locazione
Per il contratto di locazione in generale non sono richieste forme particolari (9). Nella disciplina che ne detta il codice civile, difatti, non viene richiesta la soddisfazione di alcuna forma, né ai fini della validità del contratto né ai fini della sua prova. Il contratto di locazione può però riguardare i beni più diversi e laddove l’oggetto della locazione abbia un significativo valore economico è certamente preferibile la conclusione di un contratto scritto. Un discorso diverso va invece fatto quando il contratto di locazione concerne immobili adibiti a uso abitativo. L’art. 1, comma 4, l. n. 431/1998 prevede difatti che, a decorrere dall’entrata in vigore di detta legge, per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta (10).
In aggiunta al requisito di forma, la legge richiede la registrazione del contratto (11). Quando il contratto ha a oggetto immobili urbani, trova applicazione la l. n. 392/ 1978 e l’art. 8 di tale legge prevede che le spese di registrazione del contratto di locazione sono a carico del conduttore e del locatore in parti uguali. Questa disposizione, in sé considerata, riguarda solo le spese di registrazione, e non l’obbligo di registrazione. Tuttavia essa presuppone l’obbligo di registrazione a fini fiscali.
Alla luce delle disposizioni che si sono esaminate, si possono allora verificare in sostanza tre situazioni. Quella d’irregolarità più grave si realizza quando il contratto nemmeno viene concluso in forma scritta (c.d. ‘‘locazione di fatto’’). In una situazione meno seria il contratto viene sì stipulato per iscritto, ma nessuna delle parti chiede la registrazione a fini fiscali. Infine vi è il contratto che rispetta tutti i requisiti di legge, essendo stato concluso per iscritto e tempestivamente registrato.
Per il resto la disciplina della registrazione del contratto (ivi compreso quello di locazione) è di tipo fiscale: come è noto, la normativa in materia d’imposta di registro è dettata dal D.P.R. n. 131/1986 ed è utile richiamarne qui, seppure per brevi cenni, il contenuto. Tale tributo si applica agli atti soggetti a registrazione e a quelli volontariamente presentati per la registrazione (art. 1, D.P.R. n. 131/ 1986). La legge, dopo aver elencato gli atti soggetti a registrazione (art. 2, D.P.R. n. 131/1986), specifica che sono soggetti a registrazione i contratti verbali di locazione di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato (art. 3, comma 1, D.P.R. n. 131/1986). I soggetti obbligati a chiedere la registrazione sono identificati nelle parti contraenti per le scritture private non autenticate e per i contratti verbali nonché nei notai e negli ufficiali giudiziari per gli atti da essi redatti, ricevuti o autenticati (art. 10 D.P.R. n. 131/1986).
Per quanto riguarda la tempistica, la registrazione deve essere richiesta entro venti giorni dalla data dell’atto (art. 13, comma 1, D.P.R. n. 131/1986). Dal momento che può capitare che i soggetti tenuti non adempiano volontariamente all’obbligo di registrazione, la legge prevede che, in mancanza di richiesta da parte dei soggetti tenuti, la registrazione è eseguita d’ufficio, previa riscossione dell’imposta dovuta (art. 15, comma 1, D.P.R. n. 131/1986). Il testo legislativo specifica poi che l’imposta dovuta per la registrazione dei contratti di locazione di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato è liquidata dalle parti contraenti e assolta entro trenta giorni mediante versamento del relativo importo presso uno dei soggetti incaricati della riscossione (art. 17, comma 1, D.P.R. n. 131/1986).
Le diverse tesi sugli effetti della mancata registrazione
La legge prevede espressamente che il contratto di locazione non registrato è nullo. La regola è finalizzata a combattere il fenomeno - alquanto diffuso - delle locazioni ‘‘in nero’’, cioè dei rapporti di locazione sconosciuti al fisco. Il problema di tali locazioni non è solo quello del mancato pagamento dell’imposta di registro, ma soprattutto il fatto che i canoni percepiti dal locatore non vengono assoggettati a tassazione. Per cercare di arginare questo meccanismo il legislatore ha previsto la nullità del contratto, che impedisce al locatore di agire in giudizio per il pagamento dei canoni che il conduttore dovesse rifiutarsi di pagare. Un contratto nullo è come se non esistesse per l’ordinamento e obbliga le parti alle restituzioni. Il conduttore deve liberare l’immobile che detiene, mentre il locatore deve restituire i canoni che ha percepito. Se i canoni non sono stati corrisposti, in quanto il conduttore è moroso, tale canoni non sono più dovuti.
Il locatore, sotto questo profilo, è certamente disincentivato a operare in nero. La nullità è il rimedio più radicale che l’ordinamento conosca: esso priva di qualsiasi effetto il contratto che è stato concluso fra le parti.
Contro la nullità le parti possono fare poco: in particolare, si ricordava sopra, il contratto nullo non può essere convalidato (art. 1423 c.c.). Il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma (art. 1424 c.c.). Nel caso però di un contratto di locazione nullo per mancanza di registrazione, non si vede quale altro tipo di contratto possa ritenersi sussistere fra le parti. Il Tribunale di Bari si sofferma sulle diverse tesi che sono state sviluppate dalla giurisprudenza e dalla dottrina per il caso della mancata registrazione del contratto di locazione.
Secondo una prima tesi, la più rigida (ma, a dire il vero, anche la più fedele al testo della legge e al nostro sistema delle nullità ), la nullità del contratto non può essere convalidata: la registrazione effettuata tardivamente dalle parti non sarebbe in grado di sanare il contratto che rimarrebbe del tutto privo di effetti. Corollario di questa tesi è che le parti che intendono formalizzare il rapporto di locazione, in essere in via di fatto, sono costrette a concludere un nuovo contratto di locazione e - questa volta - a registrarlo nel termine previsto dalla legge.
Per una seconda tesi, meno rigida rispetto a quella appena esposta che prevede la nullità non convalidabile, la registrazione avrebbe l’effetto di sanare il rapporto locatizio con effetti ex nunc (12). Il contratto di locazione sarebbe insomma valido a partire dal momento in cui le parti effettuano la registrazione. Oltre che dal Tribunale di Bari nella ordinanza in commento, questa tesi è stata fatta propria - ad esempio - dal Tribunale di Napoli in una vicenda in cui il lasso di tempo intercorso fra la conclusione del contratto (ottobre 2005) e la sua registrazione (ottobre 2008) era stato particolarmente lungo (13).
Secondo questa interpretazione permane la nullità del contratto fino alla sua registrazione: con la conseguenza che i canoni dovuti fino a tale momento dal conduttore non sono esigibili e, se già corrisposti, possono essere chiesti in restituzione.
Il limite della tesi che considera il contratto di locazione sempre sanabile, purché intervenga prima o poi la registrazione, risiede nel fatto che - fra la conclusione del contratto e la sua registrazione - trascorre sempre un certo lasso di tempo (nei casi migliori può trattarsi di pochi giorni, ma in ipotesi estreme può trattarsi di diversi anni). Si avrebbe pertanto il paradosso che tutti i contratti di locazione sono per definizione nulli per un certo periodo di tempo, fino a quando non subentra la registrazione: dal momento che la registrazione ha efficacia sanante solo ex nunc, il rapporto contrattuale è nullo per il periodo intercorrente fra la conclusione del contratto e la sua registrazione. Bisognerebbe allora concludere che il canone corrisposto per il periodo intermedio non è in realtà dovuto e il conduttore può chiederne la restituzione. Il vantaggio di questa tesi è l’incentivo, forte, per il locatore a chiedere la registrazione del contratto, in quanto altrimenti si trova esposto all’eccezione di nullità del conduttore che può - così - rifiutare il pagamento dei canoni.
Il Tribunale di Bari evidenzia che, secondo una terza tesi, la mancata registrazione del contratto di locazione non produrrebbe la nullità in senso tecnico del contratto, ma impedirebbe solo al medesimo - in via sospensiva - di produrre effetti (14). Il contratto sarebbe insomma valido ma il dispiegamento dei suoi effetti sarebbe subordinato alla condizione della sua registrazione. Trattasi di condizione sospensiva, che impedisce la produzione di effetti fino al suo avveramento. Realizzatasi la condizione, essa opera con efficacia retroattiva al momento della conclusione del contratto (art. 1360, comma 1, c.c. (15)).
La tesi dell’inefficacia è stata accolta, ad esempio, dal Tribunale di Firenze, secondo il quale i contratti di locazione, di cui l’art. 1, comma 346, l. n. 311/2004 prevede la nullità quale conseguenza della omessa registrazione, sono da ritenersi sottoposti a condizione sospensiva fino all’esecuzione della registrazione e il pagamento tardivo dell’imposta di registro determina l’efficacia ex tunc del contratto (16).
Precedentemente anche il Tribunale di Modena si era espresso nel senso che la registrazione del contratto di locazione immobiliare costituisce condicio iuris da cui dipende l’efficacia del contratto, sicché , in applicazione dell’art. 1360, comma 1, c.c., l’adempimento dell’obbligo di registrazione opera retroattivamente, mentre la sua omissione non determina nullità della pattuizione (17). Il vantaggio della tesi che sostiene la mera inefficacia del contratto è quello di non mettere in dubbio la validità del contratto e di consentire che esso dispieghi tutti i suoi effetti, con efficacia retroattiva, una volta che i contraenti si sono decisi a registrare il contratto. Tutti i soggetti coinvolti ottengono soddisfazione: il conduttore formalizza il proprio rapporto di locazione che non può più essere messo in discussione (garantendosi l’immobile), il locatore dispone di un titolo (il contratto efficace) per chiedere il pagamento dei canoni, l’erario viene a conoscenza - mediante la registrazione - dell’esistenza del rapporto locatizio e incassa le imposte dovute dal locatore.
L’ordinanza del Tribunale di Bari afferma che, nel contesto dei rapporti di locazione, l’inefficacia del contratto sarebbe prevista dall’art. 13, comma 1, l. n. 431/ 1998, che stabilisce che è nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. Il legislatore teme che i contraenti concludano un contratto scritto e registrato indicando - a fini fiscali - un canone basso (pagando così il locatore meno imposte), mentre il canone complessivo reale è maggiore e frutto di un accordo a latere fra le parti, che rimane non formalizzato.
In questo modo si rispetta formalmente la prescrizione di legge che prevede la necessità di registrazione del contratto, ma la si aggira con un canone aggiuntivo in nero.
A chi scrive pare però che, diversamente da come ritiene il Tribunale di Bari, l’art. 13, comma 1, l. n. 431/1998 non disciplini una fattispecie d’inefficacia, ma di vera e propria nullità . In tal senso milita il tenore letterale della disposizione, che è inequivocabile: ‘‘è nulla’’. La vera differenza fra la nullità ex art. 1, comma 346, l. n. 311/ 2004 e la nullità ex art. 13, comma 1, l. n. 431/1998 consiste nel fatto che nel primo caso la nullità riguarda il contratto, nel secondo solo una pattuizione aggiuntiva al contratto (quella che prevede un canone maggiorato).
Nel primo caso non vi è un contratto scritto e registrato, nel secondo sì. Dunque: un conto è il contratto non registrato in toto (e pertanto sconosciuto all’ordinamento dal punto di vista fiscale e nullo dal punto di vista civilistico), un altro conto è il caso di un contratto debitamente registrato cui si aggiunge una pattuizione a latere non registrata finalizzata a aumentare il canone rispetto al dato formale del contratto registrato. Si può pertanto concordare con il Tribunale di Bari nel senso che, con l’art. 13, comma 1, l. n. 431/1998, si va a privare di effetti la pattuizione aggiuntiva. Tuttavia tale privazione di effetti avviene mediante il meccanismo della nullità e non dell’inefficacia, di cui il legislatore non parla affatto in questo contesto.
In definitiva, alla luce del dato testuale, ritengo che non esistano i margini per parlare di mera inefficacia del contratto di locazione non registrato ai sensi dell’art. 1, comma 346, l. n. 311/2004. Si tratta, invece, di una vera e propria nullità , non convalidabile. Una prospettazione diversa, rispetto a quella della nullità non convalidabile, sarebbe possibile, laddove il legislatore avesse previsto letteralmente che i contratti di locazione sono nulli ‘‘finché ’’ non sono registrati. In questo modo sarebbe la legge stessa a prevedere che la registrazione deve considerarsi equivalente a una convalida. Ancor meglio sarebbe però stato se il legislatore avesse previsto, testualmente: ‘‘i contratti di locazione sono inefficaci finché non sono registrati’’. Con questa formulazione non sarebbe in discussione la validità del contratto, ma si attesterebbe l’impossibilità per il contratto di produrre effetti fino all’adempimento fiscale. La registrazione opererebbe retroattivamente con effetti sananti, tutelando al meglio gli interessi dei tre soggetti coinvolti (locatore, conduttore ed erario).
Qualche osservazione sulle argomentazioni del Tribunale di Bari
La tesi che afferma la nullità del contratto di locazione in mancanza di registrazione è difficilmente superabile, dal momento che la legge prevede espressamente tale sanzione. Si tratta di una nullità espressa (c.d. ‘‘testuale’’) ai sensi dell’art. 1418, comma 3, c.c., il quale prevede che il contratto è nullo nei casi stabiliti dalla legge.
La nullità per mancata registrazione del contratto di locazione, essendo una nullità di carattere testuale, non può essere qualificata come nullità virtuale (18). Si ha nullità virtuale ai sensi dell’art. 1418, comma 1, c.c. quando vi è una disposizione imperativa che viene violata dal contratto, senza espressa previsione - da parte della legge - della sanzione che ne consegue. In siffatti casi l’interprete è chiamato ad accertare anzitutto che vi è una disposizione imperativa e che tale norma è stata violata dall’accordo delle parti: ne consegue che il contratto è nullo.
La Corte costituzionale è intervenuta in materia di registrazione del contratto di locazione con un’ordinanza del 2007 (19), alla quale fa riferimento lo stesso Tribunale di Bari nell’ordinanza in commento (e a cui hanno fatto seguito altre due ordinanze, nel 2008 (20) e nel 2009 (21)). La Corte costituzionale afferma che la previsione legislativa di nullità del contratto di locazione non registrato non intacca affatto il diritto di difesa in giudizio ex art. 24 Cost., in quanto si tratta di una disposizione di carattere sostanziale e non processuale; l’art. 1, comma 346, l. n. 311/2004 eleva solo a norma di carattere imperativo la disposizione tributaria che impone la registrazione. Rispetto a questa presa di posizione della Corte costituzionale vanno fatte due precisazioni.
In primo luogo, bisogna osservare che la Corte costituzionale si richiama all’art. 1418 c.c. in modo generale, senza fare riferimento a quale comma (1 piuttosto che 3) sarebbe rilevante nel caso di specie. La distinzione in realtà sarebbe stata opportuna, dal momento che il comma 1 disciplina la nullità virtuale e il comma 3 quella testuale. Leggendo il testo dell’ordinanza della Corte costituzionale parrebbe che il giudice delle leggi qualifichi la nullità prevista dall’art. 1, comma 346, l. n. 311/2004 come nullità virtuale derivante dal fatto che vi è inosservanza della norma imperativa che obbliga a registrare i contratti di locazione. In realtà questa tesi non può essere condivisa, per il fatto che è proprio la legge a prevedere espressamente la sanzione della nullità quale conseguenza della omessa registrazione: la nullità , come rileva correttamente il Tribunale di Bari, è testuale (e, in quanto tale, incompatibile con la nullità virtuale, che altro non è che una nullità non testuale). Sotto questo profilo anche il Tribunale di Bari muove una velata critica alla Corte costituzione, specificando che il richiamo effettuato dal giudice delle leggi all’art. 1418 c.c. deve allora considerarsi come fatto al rimedio della nullità in generale (l’art. 1418 c.c. è rubricato, generalmente, ‘‘cause di nullità del contratto’’), e non al rimedio specifico della nullità virtuale. In altre parole la nullità vi è perché la commina il legislatore in modo espresso, senza necessità di stabilire preliminarmente se la disposizione sull’obbligo di registrazione sia imperativa.
In secondo luogo, laddove si interpretasse la nullità ex art. 1, comma 346, l. n. 311/2004 come virtuale, l’ordinanza della Corte costituzionale è criticabile per non avere adeguatamente distinto fra i vizi dell’atto (nel caso di specie il contratto di locazione) e i comportamenti posti in essere dalle parti in attuazione dell’atto (mancata registrazione). Cerco di spiegarmi meglio. Teoricamente la nullità virtuale si potrebbe affermare in assenza di una disposizione espressa come l’art. 1, comma 346, l. n. 311/2004: se non esistesse questa disposizione, si potrebbe asserire che - essendo la norma che impone la registrazione di tipo imperativo - il contratto è nullo in quanto le parti non l’hanno osservata. Questa linea argomentativa però confonde gli aspetti di validità dell’atto con quelli di liceità del comportamento posto in essere dalle parti in attuazione del contratto. Nullità virtuale si avrebbe se le parti concordassero nel contratto di voler omettere la registrazione (= accordo in violazione della legge), non per il fatto che le parti violino sic et simpliciter la legge.
Più in generale si può osservare che il legislatore, sovrano, è libero di associare la sanzione della nullità alle fattispecie che ritiene preferibili (anche se non farebbe male a osservare una certa uniformità nelle soluzioni che, di volta in volta, prospetta). Originariamente si riteneva che la sanzione della nullità colpisse solo i vizi del contratto nel suo iter formativo. Alcuni interventi legislativi degli ultimi anni hanno però dimostrato che la nullità può conseguire alle vicende più diverse, anche successive alla conclusione del contratto. Il caso più significativo in tal senso è rappresentato dalla commercializzazione a distanza di servizi finanziari (22). In tale contesto la legge prevede che il contratto è nullo, nel caso in cui il fornitore ostacola l’esercizio del diritto di recesso da parte del contraente ovvero non rimborsa le somme da questi eventualmente pagate ovvero viola gli obblighi di informativa precontrattuale in modo da alterare in modo significativo la rappresentazione delle sue caratteristiche (art. 67 septies decies, comma 4, cod. cons.) (23).
Nell’ordinanza in commento il Tribunale di Bari ritiene che sussista nullità del contratto, ma che si tratti di nullità convalidabile. L’autorità giudiziaria pugliese è dell’opinione che la non convalidabilità della nullità sia contraria agli interessi di tutti i soggetti coinvolti. Per quanto concerne il locatore, la nullità - facendo venire meno gli effetti del contratto - gli impedisce di chiedere il pagamento dei canoni. Per quanto riguarda il conduttore la nullità impedisce la continuazione del rapporto: normalmente tuttavia il conduttore è un soggetto debole che ha bisogno dell’unità abitativa e, dunque, la mancata prosecuzione del rapporto non lo agevola. Infine il Tribunale di Bari si sofferma sugli interessi dell’erario: lo scopo del legislatore è quello di far emergere il ‘‘sommerso’’ e non quello d’interrompere i rapporti di locazione. Per queste ragioni il Tribunale di Bari afferma che la nullità prevista dall’art. 1, comma 346, l. n. 311/2004 deve reputarsi sanabile. Solo in questo modo si possono realizzare gli obiettivi voluti dal legislatore.
La registrazione produrrebbe effetti dalla registrazione. Per il periodo precedente la registrazione il contratto è nullo e dunque improduttivo di effetti: il locatore non ha azione per chiedere i canoni (salva la diversa azione di occupazione senza titolo) e, pertanto, è incentivato a chiedere la registrazione.
Le motivazioni del Tribunale di Bari mirano a ottenere il risultato voluto: il mantenimento del rapporto di locazione, nell’interesse di tutti i soggetti coinvolti (locatore, conduttore ed erario), una volta che il contratto è stato registrato. La soluzione pratica è , a mio avviso, condivisibile, anche se qualche dubbio sulla sua reale efficacia può essere sollevato. Dal punto di vista economico difatti il locatore può avere ciò nonostante interesse a incassare i canoni in nero, facendo affidamento sul fatto di non essere scoperto dall’erario. Inoltre - nel caso la situazione sommersa venisse scoperta - il conduttore potrebbe sì ottenere la restituzione dei canoni corrisposti, ma il locatore avrebbe diritto a una corrispondente (o simile) somma per l’occupazione senza titolo dell’immobile. Lasciando però da parte i profili economici (cioè gli incentivi che le parti hanno a chiedere la registrazione), si deve osservare che - dal punto di vista giuridico - il testo della legge dice una cosa diversa da quanto afferma il Tribunale di Bari: afferma la nullità e la nullità è insanabile ai sensi dell’art. 1423 c.c. La verità è che la formulazione dell’art. 1, comma 346, n. 311/2004 non è ben riuscita. Forse si è trattato di fretta del legislatore della finanziaria che, dovendo adottare in un unico corpus normativo numerosi provvedimenti eterogenei, non ha dedicato sufficiente attenzione nella formulazione della disposizione.
Cenni alla cedolare secca e al nuovo regime dell’art. 3, D.Lgs. n. 23/2011
La situazione normativa creatasi con l’art. 1, comma 346, l. n. 311/2004 è insoddisfacente. Il legislatore ha affermato la nullità del contratto di locazione non registrato senza alcuna ulteriore specificazione, creando quella incertezza del diritto di cui l’ordinanza in commento del Tribunale di Bari è uno dei tanti esempi. In particolare nulla si dice sulla possibilità di convalidare il contratto non registrato (che rimane pertanto, ai sensi dell’art. 1423 c.c., non convalidabile) e su quali siano gli effetti di una registrazione tardiva.
Il contesto normativo rilevante ai nostri fini è stato però recentemente modificato con la nuova disciplina del federalismo fiscale municipale (D.Lgs. n. 23/2011) (24).
Ai fini che qui interessano è di particolare importanza l’art. 3, D.Lgs. n. 23/2011 riguardante la cedolare secca sugli affitti (25). Questo articolo ha natura prevalentemente (ma non solo) fiscale, prevedendo una possibile alternativa per la tassazione dei canoni. Fino all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 23/2011, i canoni andavano a costituire reddito della persona che li percepiva e venivano pertanto tassati secondo le aliquote previste per la fascia di reddito applicabile. Con il nuovo meccanismo il locatore può optare per la c.d. ‘‘cedolare secca’’: con questo sistema la tassazione del canone percepito dal locatore è fissa (nella misura del 21%) e non segue il reddito, che può essere di ammontare diverso a seconda dei casi, del locatore. Il nuovo testo legislativo prevede che, a decorrere dall’anno 2011, il canone di locazione relativo ai contratti aventi a oggetto immobili a uso abitativo può essere assoggettato, in base alla decisione del locatore, a un’imposta, operata nella forma della cedolare secca, sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione. Sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti la cedolare secca si applica in ragione del 21% (art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 23/2011).
Sarebbe riduttivo reputare che l’art. 3, D.Lgs. n. 3/ 2011 abbia solo rilevanza fiscale; al contrario si deve notare che alcuni commi di tale articolo assumono rilievo civilistico (26). Ai fini che qui interessano si può osservare che la nuova disciplina legislativa prevede espressamente quello che succede in caso di mancata registrazione del contratto di locazione. Segnatamente la legge stabilisce che per i contratti di locazione degli immobili a uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge:
- la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d’ufficio;
- a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti (art. 3, comma 8, D.Lgs. n. 23/2011).
Il legislatore delinea quali sono le conseguenze della mancata registrazione. Anzitutto rimane fermo che i contraenti sono obbligati a chiedere la registrazione del contratto.
La legge si premura inoltre di stabilire dei meccanismi integrativi qualora ciò non avvenga: in caso di mancata registrazione volontaria, la registrazione avviene d’ufficio e il contratto si considera ex lege avere una durata di quattro anni. Dal punto di vista fiscale ne consegue che il locatore il cui contratto non sia stato registrato volontariamente è comunque obbligato a pagare le imposte per un periodo di locazione di quattro anni. Sotto il profilo civilistico, il legislatore - a fronte di un’omessa registrazione - definisce la durata minima del contratto (quattro anni) e l’ammontare del canone di locazione.
In definitiva si deve concludere nel senso che l’art. 1, comma 346, l. n. 311/2004 è stato malamente formulato dal legislatore, che si è limitato a statuire la nullità del contratto non registrato, precludendo così la possibilità di una convalida con la tardiva registrazione (27). A tale disciplina è stato posto rimedio con la recente riforma che prevede espressamente quali siano le conseguenze della mancata registrazione. L’art. 3, comma 8, D.Lgs. n. 23/2011 non abroga l’art. 1, comma 346, l. n. 311/2004, ma lo integra, definendo le conseguenze della nullità.
Non si ha tecnicamente una convalida dell’atto nullo, ma una determinazione ex lege degli effetti che esso produce a seguito della registrazione.
Note:
IL CORRIERE DEL MERITO N. 3/2012
Si riproduce per gentile concessione dell'autore, Avv. Valerio Sangiovanni, e dell'editore, Ipsoa Wolters Kluwer