Vi scrivo a proposito della lettera pubblicata sul vostro sito il 25 febbraio 2002 dal titolo Interessante la polemica con l'Associazione degli Amministratori. Io voglio solo poter scegliere fra i "Fai-da-te" e i "Professionisti"."
Ho una piccola azienda ascensoristica e da anni tolgo del tempo prezioso alla mia azienda per partecipare alle attività di alcune associazioni di categoria.
In tutto questo tempo ho maturato una visione un po' più ampia del problema normativo e sto in prima persona cercando di entrare nel merito delle normative e delle leggi che riguardano il mio settore per impedire che vengano approvate e imposte delle leggi che mi impediscano di lavorare.
Dopo tutto questo lavoro mi offende essere additato come un furbo che vuole solo speculare sulle tasche altrui come mi offende lo scoprire che qualcuno ha poca conoscenza della materia e crede o pensa cose non esatte. Vorrei quindi portare alla conoscenza dei vostri lettori alcune cose.
È innegabile che le nostre aziende sono sul mercato per guadagnare, come è innegabile che nel passato siano state approvate delle leggi che imponevano modifiche agli impianti esistenti ed è pure innegabile che oggi ci troviamo a dover gestire un altra normativa che imporrà dei lavori di adeguamento sugli ascensori esistenti che andrà a pesare sulle tasche degli utenti (o meglio proprietari)
La cosa che non si sa o non si vuole sapere è che le norme tecniche che applichiamo non le faccio io e neppure le associazioni di categoria delle piccole aziende, noi stiamo recependo delle norme tecniche decise in comunità europea e imposte per uniformare la sicurezza degli impianti in tutta europa.
Queste norme tecniche sono elaborate da commissioni di studio a cui si può partecipare solo se ci si registra come lobby e si deve essere accreditati come tali presso gli uffici della comunità europea.
A livello italiano ci sono commissioni di studio specifiche organizzate dall'UNI che hanno il compito di proporre modifiche e di adeguare allo stato dell'arte Italiano le norme UNI approvate dalla commissione europea.
In poche parole i componenti di questi gruppi di studio sono per la maggior parte ingegneri di multinazionali del settore che sono le uniche entità che hanno soldi sufficienti per pagare persone che partecipino a questi gruppi di studio.
Per farla breve più di una volta abbiamo contattato associazioni di difesa dei consumatori per chiedere la loro attiva partecipazione in queste sedi in modo da condizionare l'approvazione di norme e leggi tenendo conto anche di chi alla fine utilizza e paga, a tutt'oggi nessuna di queste associazioni è mai intervenuta o ha mai partecipato alla stesura delle norme.
In genere intervengono quando le norme sono diventate leggi e non si possono più modificare, e la cosa bella è che a volte mancano persone competenti e capaci di capire quali tra le cose richieste dalla norma siano utili per gli utenti e quali invece siano degli strumenti per imporre costi inutili o peggio per limitare la concorrenza.
In molti casi le piccole aziende del settore hanno interessi comuni ai proprietari e utenti e hanno cercato di impedire l'applicazione di norme o parti di norme che avrebbero danneggiato entrambi a favore di altre aziende del settore. Tutto questo lavoro oltre a non essere riconosciuto è anche poco credibile, nel rispetto delle parti sarebbe auspicabile una maggiore partecipazione di chi alla fine "paga", ma oltre a sollecitare questa partecipazione non posso fare nulla.
Ma tutto questo sta anche a significare che la colpa è anche e soprattutto delle associazioni di difesa dei consumatori che non hanno rappresentato appieno chi dovrebbero difendere.
La difesa del consumatore non può essere solo legale, portando in giudizio e spennando le aziende che infrangono la legge, ma dovrebbe essere anche preventiva, cercando di influire sulle leggi prima che vengano approvate.
Per fare questo sarebbe auspicabile che nascano dei gruppi di studio tecnici in grado di capire le cose che vengono applicate per poter dialogare tecnicamente nelle commissioni tecniche e tagliare le gambe alle aziende disoneste.
L'obbiettivo da portare a casa non può e non deve essere il "non spendere" ma la sicurezza degli utenti.
Un piccolo appunto, la "gonna" che il lettore citava in realtà è chiamata "grembiule" ed è stato imposto normativamente a seguito di un incidente mortale avvenuto proprio in Italia.
Potrei dirvi che i pochi incidenti documentati sono dovuti all'ottimo lavoro eseguito dalle aziende del settore, ma è anche vero che solo negli ultimi tempi posso dimostrarvi almeno due incidenti gravi (con persone che hanno perso la vita) su ascensori, come posso anche affermare che purtroppo capita che alcuni incidenti vengano mantenuti segreti.
In un convegno a cui ho partecipato il presidente di alcune commissioni UNI che riguardano gli ascensori si lamentava del fatto che una volta le statistiche degli incidenti (elaborate da un ente pubblico) erano aggiornate ed erano un utile strumento per capire la pericolosità dei diversi interventi mentre oggi non esistono più.
Per ultimo voglio ricordare che sono tutt'ora in esercizio ascensori che sono stati messi in funzione dai 20 ai 30 anni fa di cui non si reperiscono più i pezzi di ricambio, nel contempo sulle strade trovare delle automobili con una decina di anni di vita non è così tanto facile, e la sicurezza dei mezzi in solo 10 anni è notevolmente cambiata. Non capisco perché sia ritenuto normale cambiare auto ogni 3/5 anni e sia così strano pensare che l'ascensore di tanto in tanto vada ammodernato e riparato.
Mi auguro che queste informazioni spingano i vostri lettori sollecitare un'attiva partecipazione delle associazioni di categoria sia alle commissioni di studio europee che a quelle italiane.
Distinti saluti
Luca Nuvoli