Giusto indennizzo anche per il proprietario che "sfratta"


La Sentenza 11046/02 della Corte di Cassazione, ha esteso le garanzie della legge 89/01 sulla "durata ragionevole del processo", al processo esecutivo di sfratto.

La pronunzia segna un punto importante, in quanto, prima d'ora, la via al risarcimento a favore del proprietario era segnata da ostacoli tali da rendere di fatto impossibile o, per lo meno, molto improbabile, il buon fine del ricorso alla giustizia per ottenere un ristoro.

Chi ha già avuto modo di trovarsi nelle condizioni di dover eseguire uno sfratto è a conoscenza che la pronunzia del Giudice è solo l'inizio di una lunga trafila di atti che, snodata tra organi giurisdizionali amministrativi, può protrarsi per anni.

In origine, il proprietario che avesse inteso ottenere un ristoro per il ritardo nella restituzione del bene, doveva agire al fine di ottenere un risarcimento, dimostrando necessariamente la colpa omissiva dell'Ufficiale Giudiziario o dell'organo amministrativo (questura o prefettura a seconda del regime legale in cui si protraeva l'esecuzione) con poche possibilità di successo; l'Ufficiale Giudiziario, infatti, poteva agevolmente sottrarsi ad ogni censura, dimostrando di avere richiesto tempestivamente l'intervento della Forza Pubblica al fine dell'esecuzione, ma che questo non sia stata concesso, determinando i lunghi rinvii che, ancora oggi, contraddistinguono il processo esecutivo; dal canto loro, gli organi di polizia potevano contare su una loro discrezionalità nell'intervento, potendo chiamare a loro discolpa l'insufficienza degli organici o altri compiti di ordine pubblico prioritari, quando non anche una loro competenza legale alla graduazione degli sfratti.

Inoltre, anche dimostrata l'omissione degli organi interessati all'esecuzione degli sfratti, diventava difficile per il proprietario dimostrare il danno economico, essendo indirizzo della maggior parte dei Tribunali, sottoporre il risarcimento del danno per ritardato rilascio alla dimostrazione di "precise e concrete proposte di vendita o di locazione", che fossero intervenute nel periodo in cui l'esecuzione dello sfratto fosse stata in corso.

La recente pronunzia modifica radicalmente i presupposti:

in primo luogo al proprietario spetta un "equo indennizzo" che prescinde dalla colpa degli organi dello Stato; in altre parole, in presenza di un diritto soggettivo, costituzionalmente garantito del cittadino ad avere giustizia in tempi ragionevoli, deve necessariamente sussistere un equo ristoro, quando il diritto venga leso non per colpa di qualcuno ma persino per ragioni di forza maggiore o per priorità diverse, anche sociali e anche a seguito di provvedimenti normativi (proroghe, graduazione di forza pubblica ecc.); in secondo luogo non è più necessario dimostrare il danno, in quanto viene riconosciuta un' equa riparazione.

La legge 89/01 (legge Pinto sulla durata ragionevole del processo) viene quindi estesa al processo esecutivo per ragioni di coerenza costituzionale.

Tenendo, comunque, in considerazione il fatto che la pronunzia in esame costituisce solamente un'interpretazione e può, pertanto, essere seguita da decisioni in senso difforme, il ricorso per l''indennizzo deve venire proposto nanti la Corte d'Appello nel termine di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza; non essendo presente, nel processo esecutivo, una sentenza, deve ritenersi che il termine semestrale (perentorio) decorra dal deposito in cancelleria, da parte dell'Ufficiale Giudiziario, del verbale di rilascio, ultimo atto del processo esecutivo.

Avv. Paolo Gatto
Consulente legale A.P.P.C.

Articolo del 22 agosto 2002


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