Quale la sorte dei vecchi contratti di locazione?
E' ormai cosa nota anche ai non addetti ai lavori, che la nuova legge sulle
locazioni abitative, calcando le tracce dei "patti in deroga" e
degli "usi commerciali", ha eliminato il calmiere, in passato dato dall'equo
canone, raddoppiando la durata del rapporto, che diviene di otto anni, salvi casi
particolari di necessità.
Sennonché, è da rilevare che esiste una grande quantità di
rapporti che si sono tacitamente rinnovati fino ad oggi e che presentano, tutt'ora,
importi irrisori o quasi.
E' da chiedersi quale sia la sorte di tali rapporti oggi che la legge è
cambiata.
L'art. 2 c. 6 della L. 431/98 (locazione di immobili adibiti ad uso abitativo)
contempla che ai contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della normativa
e rinnovatisi tacitamente (per mancata comunicazione di disdetta almeno sei mesi
prima) si applichi l'art. 2 comma 1; tale ultima disposizione reca la disciplina
dei contratti "quattro più quattro" a canone libero; appare,
peraltro, chiaro che il canone in tali casi non è libero, atteso che il
conduttore, al quale non è stata inviata, a mezzo lettera raccomandata,
la disdetta, ha diritto al rinnovo allo stesso canone precedente (in alcune e
non poche ipotesi, l'equo canone).
Ebbene, i sindacati degli inquilini si sono già fatti vivi nei confronti
dei locatori che avevano inviato (tardive) disdette, al fine di sostenere non
solo il rinnovo quadriennale, bensì quello "doppio" fatta salva
la necessità abitativa o professionale del locatore, lavori di imponente
ristrutturazione o vendita (cioè le ipotesi di cui all'art. 3).
Se tale interpretazione fosse accettata dalla giurisprudenza, i locatori che avessero
omesso la disdetta dei contratti (ne esistono un gran numero dei vecchi equo canone
"soggetti a proroga" e scaduti il 31/12/99 e rinnovatisi tacitamente)
ne riceverebbero un danno economico rilevante.
Data l'attualità della legge (dicembre 1998) e la conseguente mancanza
di giurisprudenza, vediamo di analizzare gli argomenti pro e contro il rinnovo
per la doppia durata.
A favore si può sostenere che il rinvio secco del comma 6 al comma
1 implichi che la mancanza di disdetta sia da intendersi quale tacita volontà
novativa di un rapporto che rinasce, pur con lo stesso canone, ma sottoposto in
tutto e per tutto alla stessa disciplina di un nuovo rapporto; si può sostenere
che tale meccanismo (sei anni più sei) fu applicato ai contratti commerciali
"soggetti a proroga e non" dopo l'entrata in vigore dell'equo
canone; si può, infine, sostenere che il legislatore abbia voluto conservare
il più a lungo possibile i vecchi rapporti al fine di creare un ulteriore
ammortizzatore alla completa liberalizzazione economica delle locazioni.
Contro, si può invece sostenere: che la legge, definendo, espressamente,
i contratti "rinnovatisi", voglia considerarli non come nuovi rapporti
ma come appunto rinnovi, escludendo una ulteriore scadenza "condizionata",
per cui soltanto le altre disposizioni del comma 1 (durata quadriennale, disdetta
sempre necessaria e procedimento di trattativa di nuovo canone) sarebbero applicabili
al rapporto; si può sostenere che nei contratti commerciali "soggetti
a proroga" non fosse necessaria la disdetta, per cui era possibile, anche
successivamente alla scadenza della proroga, procedere per il rilascio, alternativo
ad un rinnovo seppur implicito, comunque sempre "voluto"; si può,
infine, sostenere che non si possa imporre al locatore una disciplina più
gravosa che non fosse contemplata al momento della stipula del contratto.
Invero, l'argomento più convincente a favore della scadenza "secca"
è il seguente; il legislatore ha, infatti, inteso attribuire al contratto
di locazione durata di quattro anni; solo eccezionalmente, alla prima scadenza,
successiva alla fase di trattativa del canone (libero) è garantita una
maggiore stabilità; trattandosi, nell'ipotesi in esame, di rapporto già
instaurato e, soprattutto, già rinnovato, viene meno l'esigenza di assicurare
al conduttore una maggiore stabilità (della quale ha già, peraltro,
usufruito a causa della mancata disdetta); inoltre, onerare il locatore di un
obbligo che al momento della nascita naturale del rapporto non esisteva e che
sorgerebbe a seguito di rinnovo di quello stesso rapporto, sia pur sotto una nuova
normativa, darebbe luogo a evidenti motivi di illegittimità costituzionale.
Avv. Paolo Gatto
Consulente legale A.P.P.C.
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